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L’architetto Aleksandra Jaeschke vince il premio Wheelwright Prize 2019

L’architetto Aleksandra Jaeschke è stata nominata vincitrice del premio Wheelwright 2019 della Harvard Graduate School of Design. Jaeschke riceve una borsa di studio da $ 100.000 per finanziare la sua proposta di ricerca UNDER WRAPS: Architecture and Culture of Greenhouses. La borsa di studio è volta a supportare approcci investigativi all’architettura contemporanea, con un’enfasi sulla ricerca basata sui viaggi.

courtesy of Harvard GSD

La proposta vincente di Jaeschke, UNDER WRAPS: Architecture and Culture of Greenhouses, mira a esplorare la cultura e l’architettura delle serre in tutto il mondo, concentrandosi sulle interazioni tra le piante e gli esseri umani in uno spettro di contesti e cultur . Jaeschke è stata tra i tre finalisti selezionati tra oltre 145 candidati, provenienti da 46 paesi.

“Con il suo lavoro pionieristico sulle serre, Aleksandra Jaeschke riafferma che il settore dell’architettura può e deve continuare ad impegnarsi profondamente con la natura, con l’orticoltura e con il ruralismo e la campagna”, dice Mohsen Mostafavi, Dean e Alexander e Wiley Professor of Design, Harvard GSD. “

Laureata all’Harvard GSD (Doctor of Design, 2018) e all’Architectural Association di Londra (AA Diploma, 2005), Jaeschke è architetto e professore di architettura e design sostenibile all’Università del Texas ad Austin. È stata una delle Fondatrici della Fondazione Kosciuszko nel 2014 e sarà la Meadows Foundation Centennial Fellow, presso il Center for American Architecture and Design dell’Università del Texas ad Austin, dal settembre 2019 all’agosto del 2021. Ha precedentemente insegnato alla Woodbury School of Architecture in Los Angeles.

Gli interessi di Jaeschke spaziano dalla sostenibilità all’ecologia, alle strategie di progettazione integrativa e al ruolo degli architetti nei progetti transdisciplinari. Il suo obiettivo è indagare sull’impatto degli assetti territoriali e studiare strategie per un più equo “ruralismo della serra” e una “cultura urbana (horti)” impegnata – il primo a responsabilizzare gli agricoltori, e il secondo a coinvolgere gli abitanti delle città nell’atto di prendersi cura delle piante, che lei chiama “il nostro substrato vivente”.

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